Dirige uffici e servizi ed è capo del personale.
Il segretario comunale rappresenta l’evoluzione storica della figura del cancelliere del Comune, sorta in età comunale e mantenutasi fino all’epoca moderna. Una figura analoga era già presente in tutti gli stati italiani preunitari, anche se variamente denominata (segretario nel Regno di Sardegna e nello Stato Pontificio, cancelliere nel Regno Lombardo-Veneto e nel Ducato di Parma, cancelliere-archiviario nel Regno delle Due Sicilie, segretario comunale nel Granducato di Toscana).
La legge comunale e provinciale dell’Italia appena unificata (legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato A) stabiliva all’articolo 10 che “ogni comune ha un Consiglio comunale e una Giunta municipale. Deve inoltre avere un segretario ed un ufficio comunale. Più Comuni possono prevalersi dell’opera di uno stesso segretario”. Il segretario comunale era nominato dal consiglio comunale, che lo doveva scegliere tra gli abilitati alla professione in virtù di una patente conseguita a seguito di esami sostenuti in prefettura. Nel 1911 il regolamento di esecuzione della legge comunale e provinciale del 1908 introduceva la disciplina pubblicistica dell’impiego comunale, rendendo obbligatorio il concorso pubblico anche per il reclutamento dei segretari. Lo stesso regolamento prevedeva la partecipazione del segretario alle sedute della giunta con voto consultivo di legittimità, sebbene non obbligatorio.
Con la legge 17 agosto 1928, n. 1953, i segretari passarono alle dipendenze dello Stato. Sebbene tale passaggio fosse stato rivendicato dalla categoria fin dal 1911, quale garanzia di sicurezza dell’impiego, la sua introduzione ad opera del regime fascista s’inscriveva nel quadro della trasformazione in senso autoritario e centralistico del sistema delle amministrazioni locali. In questo modo, infatti, il segretario, nominato dal ministro dell’interno o dal prefetto (secondo l’importanza dell’ente), da figura al servizio dell’ente locale si trasformava in controllore dello stesso per conto dello Stato.
Caduto il fascismo e ripristinata l’elettività degli organi di governo degli enti locali, non fu innovata la disciplina dei segretari comunali e provinciali, che continuavano ad essere funzionari statali, nominati dal prefetto e retribuiti dall’ente presso il quale prestavano servizio; tale soluzione fu invano avversata, tra gli altri, dei sindaci delle maggiori città, che rivendicavano il ritorno alla possibilità di scelta tra gli appartenenti alla categoria. Lo status e il ruolo del segretario comunale e provinciale non furono sostanzialmente innovati nemmeno dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, la prima normativa organica sugli enti territoriali dopo l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana.
Fu con la legge 15 maggio 1997, n. 127 che venne riconosciuta ai sindaci e ai presidenti delle province la possibilità di scegliere il segretario nell’ambito dell’albo all’uopo istituito. Il segretario cessava, così, di essere un dipendente dello Stato e diveniva dipendente dell’Agenzia per la gestione dell’albo; nel contempo, le modalità di nomina accentuavano il suo rapporto fiduciario con il capo dell’amministrazione. Quest’ultimo aspetto, se da taluni veniva ritenuto funzionale al nuovo assetto organizzativo degli enti territoriali, nel quale assume un ruolo centrale la figura del sindaco e del presidente della provincia eletto direttamente dal popolo, veniva da altri aspramente criticato, accostandolo alle logiche dello spoil system e facendo notare la contraddittorietà del legame fiduciario con il vertice politico dell’ente di un organo il cui ruolo precipuo è garantire la legalità dell’operato di quello stesso ente. Le due figure del segretario provinciale e del segretario comunale vennero poi disciplinate in modo unitario dalla Parte I, Titolo IV, Capo II del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
Tutte le persone che fanno parte:
Ultimo aggiornamento: 05/10/2023, 11:18